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Un nuovo studio descrive un procedimento che consente al singolo agricoltore di ricavare, dallo stesso raccolto e in maniera relativamente semplice, etanolo di seconda generazione e mangime per bovini. Potrebbe essere una svolta per il mondo dell’agricoltura e per il conflitto tra colture a scopo energetico e a scopo alimentare.
Dallo stesso raccolto si può produrre sia mangime per animali che biocarburante di seconda generazione e lo si può fare direttamente in azienda agricola con un procedimento relativamente semplice e che praticamente non richiede energia. La nuova scoperta di un gruppo di ricercatori giapponesi potrebbe essere una svolta per il mondo dell’agricoltura e per il conflitto tra colture a scopo energetico e a scopo alimentare.
I problemi dei biocarburanti di prima generazione sono noti. Il principale è appunto che, essendo ottenuti da colture dedicate, la loro produzione è in competizione con quella delle colture alimentari. Ciò comporta un pesante impatto in termini di cambio d’uso del suolo e fa salire in maniera intollerabile il prezzo dei cereali. I biocarburanti di seconda generazione – ottenuti da colture no-food che crescono su terreni residuali o da scarti di colture a scopo alimentare – non hanno questo problema. Ne hanno tuttavia altri: la loro produzione richiede di movimentare grosse quantità di materia verso grandi stabilimenti produttivi nei quali si attuano processi che assorbono molta energia.
Questi ostacoli potrebbero essere superati grazie al procedimento spiegato in uno studio appena pubblicato su Biotechnology for Biofuels. La pubblicazione, intitolata“On-farm solid state simultaneous saccharification and fermentation of whole crop forage rice in wrapped round bale for ethanol production” (link in basso), spiega appunto come si possa coniugare la produzione di cibo per animali ed etanolo in un processo replicabile su scala quasi casalinga e che quasi non richiede energia.
“Quel che abbiamo dimostrato – spiega Mitsuo Horita, coordinatore del team di ricercatori – è un procedimento completo e scalabile che può dispiegare il suo potenziale nella situazione pratica di un’azienda agricola. Invece che ricorre a processi complicati che richiedono strutture dedicate, il nostro sistema si basa su processi tradizionali già in uso presso gli agricoltori per produrre insilato per l’alimentazione animale. Come risultato si ottiene un’alta quantità di etanolo, mangime di alta qualità e nessun rifiuto.”
Il processo è noto come “solid state fermentation”, SSF, cioè “fermentazione allo stato solido”. Il procedimento consiste nell’impacchettare piante di riso intere in una pellicola impermeabile assieme a lieviti ed enzimi. Nel periodo di incubazione, zuccheri e amidi contenuti nelle piante vengono convertiti da lieviti ed enzimi in etanolo, che viene poi estratto e distillato, lasciando “mangime animale di alta qualità”.
Si ottengono così 12,4 kg di etanolo per ogni balla di piante di riso dal peso di 224 kg (l’86% dell’etanolo contenuto) mediante estrazione con un distillatore sottovuoto e altri 1,7 kg senza bisogno del processo di estrazione (cola spontaneamente dai residui). Quanto al mangime per animali che resta, si è rilevato essere comparabile al normale insilato per animali, con quantità simili di acido lattico, zuccheri e un alto contenuto di proteine crude, elemento essenziale per la dieta dei bovini.
Il procedimento richiede tempi piuttosto lunghi, cioè diversi mesi di fermentazione, ma ha il notevole vantaggio è che non richiede energia ed è applicabile su piccolissima scala dal singolo agricoltore. Inoltre l’etanolo ottenuto non contiene particelle insolubili e, dunque, può essere facilmente disidratato e concentrato per essere usato come carburante.
Il nuovo procedimento, spiegano i ricercatori, potrebbe avere enormi benefici soprattuttoper gli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo. La tecnica sembra interessante anche se, si avverte, prima di poterla applicare su larga scala serviranno altri studi per migliorarne la resa e valutare l’impatto ambientale complessivo.