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non profit esente solo con l’utilizzo diretto
L’esenzione dall’Ici (e dall’Imu) degli immobili posseduti dagli enti non commerciali richiede l’utilizzo diretto da parte degli enti proprietari. È questo il principio cardine sulla spinosa questione dell’applicazione dell’agevolazione della lettera i) dell’articolo 7 del Dlgs 504/1992 nuovamente ribadito dalla Corte di Cassazione con una recente sentenza.
L’esenzione per gli enti non commerciali
L’articolo 7, comma 1, lettera i) del Dlgs 504/1992 stabilisce che sono esenti dall’Ici gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali per lo svolgimento di una serie di attività agevolate (assistenziali, previdenziali, culturali eccetera), svolte con modalità non commerciali. L’esenzione si applica anche all’Imu, per effetto del richiamo operato alla norma sopra citata dall’articolo 9, comma 8, del Dlgs 23/2011. La spettanza dell’esenzione richiede il contemporaneo rispetto di tre requisiti. In base al primo l’ente utilizzatore deve essere un “ente no profit”, come definito dalla lettera c) dell’articolo 73 del Tuir. Sul punto la Corte Costituzionale ha tuttavia affermato la necessità che l’immobile, per poter beneficiare dell’esenzione, deve essere utilizzato direttamente dall’ente proprietario (sentenze n. 429/2006 e n. 19/2007) e che, pertanto, la norma presupponga la coincidenza del possesso e dell’utilizzo dell’immobile in capo allo stesso soggetto. Il secondo requisito prevede che l’attività effettivamente svolta nell’immobile (Cassazione, sentenze nn. 10092/05, 1064/2005, 5485/2008) appartenga ad una delle attività agevolate individuate dalla norma della lettera i) dell’articolo 7 citato. Il terzo, infine, esplicita che le attività agevolate devono essere esercitate con modalità non commerciali, vale a dire che si tratti di attività istituzionali prive di scopo di lucro che, per loro natura, non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà.I requisiti generali e di settore che devono sussistere affinchè le attività possano definirsi svolte con modalità non commerciali sono contenutinel Dm 200/2012. Secondo le pronunce della giurisprudenza (Cassazione, sentenze n. 5747/2005 e n.10092/2005), la disposizione della lettera i) sopra richiamata richiedeva altresì che l’utilizzo dell’immobile per le attività agevolate fosse totale. Ciò prima del riconoscimento dell’esenzione, seppure in misura parziale, anche nel caso di immobili ad utilizzo promiscuo (articolo 91-bis, Dl 1/2012).
L’utilizzo diretto
La necessità che l’immobile per poter beneficiare dell’esenzione oltre che posseduto sia anche utilizzato direttamente dall’ente non commerciale, ha fatto ritenere in maniera concorde che il beneficio non spettasse nel caso di immobili concessi in locazione ad altri soggetti, pur svolgenti attività definibili come agevolate. La questione è invece molto più controversa nel caso di immobili concessi in comodato da parte dell’ente no profit proprietario ad un altro ente non commerciale, per destinarlo ad una delle attività agevolate in base alla lettera i) dell’articolo 7 del Dlgs 504/92. Secondo il Ministero dell’economia, il comodato alle condizioni sopra descritte non preclude la spettanza dell’esenzione, perchè la concessione gratuita dell’immobile non costituisce una manifestazione di ricchezza e di capacità economica che, al contrario, avrebbe giustificato l’imposizione (Risoluzione ministeriale 4/df-2013). La Corte di Cassazione, nello specifico caso, aveva ribadito invece che deve escludersi l’esenzione per i beni immobili non direttamente utilizzati per lo scopo istituzionale, indipendentemente dalla natura, gratuita od onerosa, con la quale ne risultasse ceduto ad altri l’utilizzo (sentenza n. 22201/2008). Più di recente, la Corte, con la sentenza n. 2221/2014, ha riaffermato il principio, seppure in termini generali. Così come tutte le altre norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria, anche quella qui considerata deve essere di stretta interpretazione, operando solo alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito (prima della modifica dell’articolo 91-bis del Dl 1/2012 – ndr), escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse. Più condivisibile appare invece l’affermazione ministeriale, contenuta nella Risoluzione ministeriale 4/df/2013, laddove riconosce il beneficio nel caso in cui l’immobile sia concesso in comodato ad altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente, trattandosi in questo caso solo di una particolare modalità di svolgimento dell’attività agevolata da parte dello stesso proprietario.
di Stefano Baldoni